![]() Questo è un brano tratto dal mio libro "La Bambina Fiore". Lo dedico alla madri caregiver del nostro gruppo di auto mutuo aiuto @FelicityCaregiver, poiché ne stiamo parlando ora: non siamo “Angeli”, ma donne e madri che a volte provano sentimenti complessi, e non sempre nobili, come l'invidia e la rabbia. Anche se non è facile ammetterlo - chi più, chi meno - ci siamo passate tutte, specialmente all'inizio. E come ho scritto in questo brano: “Hai ragione a voler piangere, non cercherò di consolarti perché hai ragione, è davvero una cosa che fa piangere. Però io sono qui con te”. “Quella pensioncina aveva un suo fascino malinconico, molto diverso dai luoghi dove trascorrevo le vacanze prima della nascita di Ilaria. Nella sala da pranzo dove consumavamo i pasti previsti dalla pensione completa, i tavoli erano assegnati con una targhetta numerata e il nome del cliente era scritto a mano su un fogliettino. Il tavolo vicino al nostro era stato attribuito stabilmente a una giovane coppia con un bambino di sette mesi. Erano persone che un tempo avrei considerato un po’ grezze. Entrambi decisamente sovrappeso, indossavano sempre una tenuta poco adatta a una sala da pranzo comune, con canotte slabbrate e spesso macchiate, pantaloncini corti arrampicati sulle cosce grosse e pelose, infradito su piedi malcurati e pieni di sabbia, al buffet si riempivano i piatti fino a farli strabordare e poi si buttavano sul cibo con una voracità che era impossibile non notare. Una sera la mamma si mise a giocare con il bambino, il gioco del bubusettete. Lei nascondeva il volto tra le mani e poi le riapriva esclamando bubusettette. Il bambino ogni volta sgranava gli occhioni pieni di stupore e poi scoppiava in una risata esplosiva, che contagiava i genitori e anche i vicini di tavolo. Andarono avanti per diversi minuti, alla fine ridevano quasi tutti, era una scena meravigliosa. La mia Ilaria invece, che ormai aveva quasi tre anni, se ne stava lì in silenzio sul suo passeggino, non era capace, né mai lo sarebbe stata, di fare un semplice gioco che era in grado di comprendere e di svolgere un bimbo di solo sette mesi. Mi venne un po’ di tristezza, ormai mi stavo abituando alle condizioni di Ilaria, ma quella scena risvegliò in me tanti rimpianti per quella che avrebbe potuto essere la mia vita e che poi non era stata. Pensavo anche a quella che io ero un tempo, a come persone di questo genere una volta mi avrebbero fatto un po’ sorridere, con quel filo di snobismo che avevo sempre avuto, invece queste persone così semplici, con i loro chili di troppo e le loro canotte macchiate, si volevano bene, erano lì insieme, erano una bella famiglia, avevano messo al mondo un bambino sano e meraviglioso, mentre io avevo messo al mondo un piccolo geranio muto ed ero stata lasciata. Che bella lezione mi aveva dato la vita, uno schiaffo alla mia arroganza, ai miei pregiudizi, alla mia presunzione di poterla dominare, dirigere, controllare. Sergio mi prese la mano, allungandola sul tavolo. Io distolsi lo sguardo perché sentivo che stavo per scoppiare in lacrime e non volevo tornare a piangere nei ristoranti come un tempo. Lui mi cercò gli occhi, andandoli a scovare nella mia evasività. Quando voleva dimostrarmi vicinanza faceva sempre così, non diceva nulla, ma mi prendeva la mano e la stringeva forte, poi veniva a cercarmi con gli occhi e mi sembrava che dicesse: “Hai ragione a voler piangere, non cercherò di consolarti perché hai ragione, è davvero una cosa che fa piangere. Però io sono qui con te”. ("La Bambina Fiore" di Elena Malagoli e Rossella Calabrò, edizioni Emma Book)
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